MotoGP 2018. Dovizioso: "Felice di mettere in crisi Márquez"

MotoGP 2018. Dovizioso: "Felice di mettere in crisi Márquez"
Giovanni Zamagni
Un altro secondo posto di grande valore per Andrea: “Questa pista non è favorevole alla Ducati, eppure ce la siamo giocata fino all’ultima curva, dove ho fatto un tentativo disperato più che un vero e proprio attacco. Spiace perdere così, ma confermiamo la nostra crescita costante”
7 ottobre 2018

 

BURIRAM – Prima gli fa un sacco di complimenti nel parco chiuso, poi, Marc Márquez dichiara, senza mezzi termini, che Andrea Dovizioso è un pilota forte e molto intelligente. Andrea incassa gli elogi con la stessa signorilità con la quale accetta la sconfitta e, quasi, gli scappa un sorriso.

«Fa piacere ricevere i complimenti da un campione come lui, è bello vederlo esaltarsi così tanto per una vittoria contro di me: stiamo mettendo in crisi un sei volte campione del mondo» commenta Dovizioso. Poi l’analisi della gara.

«Alla fine ero in crisi con le gomme, non ne avevo più, e per questo ho cercato di rispondere immediatamente all’attacco che Marc mi ha fatto alla 5, perché temevo che se non l’avessi fatto non sarei riuscito più a riprenderlo. Forse è stato un errore, ma non sapevo che anche lui fosse in crisi con la parte sinistra della gomma. Sono riuscito a recuperare qualche metro, ma quando sono arrivato alla 12 non ero così vicino per attaccare come avrei voluto, e così non ce l’ho fatta a batterlo. E’ chiaro che perdere all’ultima curva dà un po’ fastidio, ma se analizziamo tutto il fine settimana dobbiamo essere più che soddisfatti di quello che abbiamo fatto: ce la siamo giocata fino all’ultima curva con Márquez su una pista non proprio adatta a questa moto. Abbiamo fatto un altro passo in avanti rispetto ad Aragón».

Quella di stare davanti a fare il ritmo è stata una scelta voluta o obbligata?

«Voluta. Ormai si è capito che se stai dietro la gomma lavora peggio, e se avessi fatto andare avanti gli altri mi sarei solo messo in crisi. Ho guidato fluido e con grande concentrazione, bisogna essere chirurgici per arrivare a fine gara e potersela giocare. Questa pista ci era favorevole per i tre rettilinei, ma la seconda metà per noi era complicata, con curve da seconda marcia tutte in percorrenza e con tanto angolo. Alla fine è andata meglio di quanto mi aspettassi: in questi circuiti dove c’è tanto consumo di gomma, in passato saremmo finiti staccati. Ma da Brno in poi ci siamo sempre giocati la vittoria, e abbiamo messo Márquez in difficoltà: questa è la conferma che stiamo lavorando bene, che riusciamo a migliorare quei piccoli dettagli che ci permettono di fare dei passi in avanti anche in funzione del 2019».

Ancora una volta è stata una gara tattica.

«Con le Michelin non si è mai vista una gara tirata dal primo all’ultimo giro: è una caratteristica di queste gomme, e bisogna andargli dietro. Nella MotoGP devi saperti adattare alla situazione, vince chi si adatta meglio: se per vincere devi salvaguardare la gomma, vuol dire che sei stato bravo, non che sei andato piano».

Come è stata la sfida con Márquez?

«Bella, con tanti sorpassi, ma sempre in sicurezza. Noi abbiamo stili di guida differenti, ma anche le caratteristiche della moto incidono: lui con la Honda deve essere aggressivo, mentre io con la Ducati posso essere più preciso. Mettendo assieme stile e moto vien fuori una bella battaglia, considerando anche i nostri differenti approcci».

Si può paragonare la tua sfida con Márquez a quelle del passato, per esempio a quelle tra Rainey e Schwantz? E fra voi due, chi è Rainey e chi Schwantz? (la domanda viene fatta a Dovizioso e Márquez durante la conferenza stampa del podio: prima ha risposto Márquez, che ha scelto Schwantz).

«Per approccio alla gara, io sono più Rainey».

Ti aspettavi quel sorpasso alla 5?

«Sì, perché sentivo il rumore del suo motore vicinissimo e credo che ci avesse provato anche un paio di giri prima. Non ho visto quello che ha fatto, ma sicuramente avrà fatto qualcosa alla Márquez: passare lì non era facile».

Il tentativo alla 12 è stato un vero e proprio sorpasso, o più un azzardo per non lasciare niente di intentato?

«Era un sorpasso senza speranza, un volerci provare a tutti i costi, perché non sai mai cosa possa succedere. Ero troppo lontano, non ero in condizioni di “bloccarlo”, che sarebbe stato l’unico modo per rimanergli davanti, come avevo fatto al 24esimo giro: lì devi essere millimetrico nell’entrata perché la curva chiude molto, e io non potevo esserlo. Ero palesemente troppo veloce, lui è stato bravo a incrociare: facendo quello che ho fatto era impossibile rimanere in traiettoria. Se uno fa una staccata disperata, per forza arriva lungo».

Vai a Motegi per provare a rovinare la festa a Márquez e alla Honda?

«Non ho nessun astio nei confronti di Marc e della HRC, andrò là con l’obiettivo di vincere su una pista teoricamente a noi più favorevole».

Hai detto che quando Márquez ti ha passato sei rimasto sorpreso da come anche lui fosse in difficoltà sulle gomme: con il senno di poi, cambieresti tattica?

«Io ero molto lento alla 5 e alla 6, e mi aspettavo che lui fosse meno in difficoltà. Ma la mia tattica non sarebbe cambiata, ho dovuto centellinare il consumo della posteriore».

In definitiva, sei soddisfatto?

«Molto».

Un parere sul pubblico thailandese.

«I tifosi europei dovrebbero imparare da questi appassionati: ognuno aveva la maglietta del proprio pilota, come è giusto che sia, ma facevano il tifo per tutti, indifferentemente, felici di vedere un bello spettacolo».