MotoGP, l'allenamento con le supersportive serve eccome. Ai piloti, ma anche alle case...

MotoGP, l'allenamento con le supersportive serve eccome. Ai piloti, ma anche alle case...
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
L'uso delle supersportive in circuito come allenamento sta prendendo sempre più piede, nonostante i top riders siano concordi sulla scarsa utilità tecnica. Tutt'altro discorso sul piano muscolare e del marketing...
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
15 febbraio 2021

Se ne parla sempre di più, e il trend - dateci retta - non cambierà, anzi probabilmente si rafforzerà. I piloti della MotoGP (ma vedrete, a breve toccherà anche a quelli della Superbike) si allenano sempre più spesso in circuito usando le supersportive stradali, in configurazione più o meno stock, per sopperire alle limitazioni ai test a cui sono soggetti.

Ha senso? Non lo ha? La verità, come spesso accade, sta grossomodo nel mezzo. La MotoGP è un mezzo assolutamente unico, e pensare di poter allenare la velocità del pilota usando una moto che gira (nel migliore dei casi) a 3/4 secondi dal riferimento ideale, con rigidità e reazioni completamente diverse, è come minimo da ingenui. Ma ci sono aspetti nella preparazione del pilota che esulano dal puro e semplice affinamento delle doti di guida, che in realtà tirate al limite come quelle di oggi - parliamo della MotoGP ma anche della Superbike, fatte le debite proporzioni - sono importanti tanto quanto. Andiamo a vedere perché.

Un po' di storia

Dieci anni fa, o giù di lì, non sarebbe venuto in mente a nessun pilota di un Mondiale di allenarsi usando una moto stradale. Quando si girava, e si girava tantissimo anche d'inverno, si girava sulle moto che si usavano in gara - alla peggio, se il reparto corse era ancora al lavoro, si trattava della moto dell'anno precedente.

Il motivo è molto semplice: all'epoca non era in vigore la limitazione ai test, introdotta per limitare i costi delle squadre e soprattutto metterle tutte sullo stesso piano. Con l'avvento della crisi economica di fine anni duemila - che probabilmente, a giudicare dai racconti del periodo che escono oggi, è andata vicinissima a spazzare via MotoGP e Superbike come le conosciamo - Dorna e Federazione hanno pensato bene prima di vietare e poi di mettere un limite alle giornate in cui i piloti ufficiali possono allenarsi utilizzando le moto con cui corrono nel Mondiale.

Una decisione estremamente controversa, perché la MotoGP, assieme alla Formula 1 e più di recente, in maniera minore, alla Superbike, è uno dei pochissimi esempi in cui l'atleta non può allenarsi utilizzando l'attrezzo che deve impiegare in competizione. Uno stridente controsenso, siamo d'accordo, che però fa si che la distanza fra i team ufficiali più ricchi e gli altri non si allunghi più di tanto. Oggi come allora, per motivi diversi, un team HRC-Repsol potrebbe permettersi di girare sicuramente molto di più di un team Esponsorama, ricavandone senza dubbio vantaggi sia in termini di sviluppo che di allenamento dei suoi piloti.

La risposta dei piloti è stata, naturalmente, quella di aumentare l'allenamento con cross e dirt-track. Specialità che praticavano già prima, soprattutto per allenare l'apparato cardiovascolare ma anche la sensibilità sul grip e la guida con moto fuori assetto (o di traverso, se preferite). Ma quando si è trattato di prendere confidenza con circuiti nuovi - ricordiamo Valentino Rossi a Silverstone nel 2011, ma anche diversi altri nel 2013, al debutto di Austin nel calendario iridato - e poi di riprendere confidenza con alcuni meccanismi (ancora Rossi, dopo l'operazione alla spalla) qualcuno ha iniziato ad utilizzare le maxi sportive della casa per cui correvano.

 

Rossi in sella alla Yamaha YZF-R1
Rossi in sella alla Yamaha YZF-R1

 

Nessuno dei piloti ha pubblicizzato più di tanto questo uso delle supersportive, e raramente li si è visti in sella a moto stradali se non in corrispondenza di eventi o video promozionali. Non possiamo quindi averne la certezza, ma a spanne diremmo che anche in questo caso è stato Valentino Rossi (che raramente ha lasciato qualcosa di intentato quanto ad allenamento) ad inserire per primo con regolarità le sportive più o meno stradali nel proprio training schedule. Lo si è visto (o meglio saputo...) spesso in pista a Misano con i ragazzi della VR46, ma anche al Mugello e su altri circuiti, come quest'anno a Portimao.

E all'inizio dell'anno scorso, nonostante lui per primo si professasse relativamente scettico sul valore allenante di questa soluzione, Fabio Quartararo è stato addirittura sanzionato dalla Federazione per aver provato con una moto troppo elaborata in una sessione di allenamento privata. E da allora, i social dei vari piloti pullulano di foto con sportive stradali più o meno personalizzate con cui girano regolarmente. Niente male per una forma d'allenamento poco utile...

"Non c'è allenamento come andare in moto"

La frase di cui sopra è di Giancarlo Falappa. Il quale, dopo il terribile incidente di Zeltweg, si trovò a dover rimettersi in forma alternando piscina, palestra e quant'altro fosse ritenuto utile all'inizio degli anni 90. E però, quando scese di sella dopo la prima giornata di test, si ritrovò comunque stanchissimo, e spiegò a tecnici e giornalisti presenti come... l'unico allenamento insostituibile per andare in moto fosse proprio l'andare in moto.

Sembra una banalità ma non è così. E andiamo anche oltre: l'unico allenamento necessario per guidare una moto specifica è guidare quella moto specifica o una analoga in termini di posizione e stile di guida. Insomma, se è vero che il motocross è decisamente più faticoso e impegnativo, sia dal punto di vista muscolare che da quello cardiovascolare, rispetto alla guida di una moto da velocità, la cosa non significa che un crossista non abituato a guidare non solo una MotoGP, ma anche solo una sportiva stradale, il giorno dopo una lunga sessione di test non si alzerebbe dal letto con gli stessi dolorini e carne greve di un qualunque amatore al ritorno dalla prima "pistata" dopo la pausa invernale.

 

 

Il motivo è semplicissimo: i movimenti alla guida delle due sono completamente diversi, tanto che i muscoli impiegati nella maggior parte dei casi non sono gli stessi - e anche quando lo sono, spesso vengono utilizzati in maniera diversa, in maniera isometrica oppure isotonica. Pensate ai movimenti che si effettuano in un veloce cambio di direzione, o alle isometriche delle braccia in staccata, allo spostamento del peso del corpo - sono comunque diversi da quelli che vengono effettuati nel cross, nell'enduro o nel flat-track.

Per questo il solo allenamento in offroad non è sufficiente dal punto di vista muscolare, e tornando al discorso iniziale, in una MotoGP in cui si lavora su guadagni marginali, aspetti di questo tipo non possono essere trascurati. Non siete ancora convinti? Partecipate a un corso di guida o a un evento con un pilota professionista, in attività o ex che sia. Anche se siete triatleti in forma eccellente, a meno che non giriate in pista almeno una/due volte al mese, finirete la giornata esausti. Lui sarà fresco come una rosa. Non solo perché ovviamente non c'è paragone a livello di impegno psicologico nel tenere un passo elevato, ma anche perché il suo fisico è da anni abituato a fare i movimenti tipici della guida della moto in velocità, e secondo le teorie di Francesco Conconi, la ripetizione del gesto atletico (2600 volte in condizioni di rilassamento, secondo il luminare della biomedica applicata allo sport) genera quell'automatismo istintivo che riduce sforzo fisico e impegno psicologico.

Insomma, girare con le sportive serve, eccome: se è vero che una MotoGP e una sportiva stradale, per vicine che siano, sono prestazionalmente non paragonabili in ottica di allenamento per così dire tecnico del pilota, è altrettanto vero che solo con un mezzo del genere è possibile per un pilota replicare il gesto atletico che si trovano poi a compiere in gara.

E non serve solo ai piloti

Un momento. Solo qualche giorno fa, i piloti Ducati MotoGP al gran completo hanno girato a Jerez. Ottenendo tra l'altro, come orgogliosamente sottolineato dall'Amministratore Delegato Claudio Domenicali, tempi vicinissimi alla MotoGP. La miglior Panigale V4S - non sappiamo guidata da chi - ha fermato il cronometro in 1'43"3. La DesmosediciGP, in mano a Michele Pirro, ha staccato un 1'41"1.

Come spesso succede, il risultato presta il fianco a diversi se e ma. Basta analizzare i risultati della Superbike in condizioni analoghe per capire come le prestazioni di Panigale e Desmosedici siano state ottenute in condizioni lontane dall'ottimale: la pioggia ha portato a cancellare mezza giornata di test, e ha sicuramente ridotto il grip anche nel pomeriggio.

Rimane comunque il fatto che entrambe le moto erano nelle stesse condizioni, e che il confronto - a parità di gomma - è perfettamente valido anche in condizioni sicuramente non ideali. E questo ci riporta al titolo. Perché è evidente che questo allenamento dei piloti serve tantissimo anche alle Case, che trovano in questi ultimi un veicolo promozionale pazzesco, tanto più valido quanto più relativo a un segmento in forte sofferenza come quello delle Supersportive.

Chi scrive si sente facile profeta nell'immaginare una sempre maggiore frequenza per questo tipo di allenamenti. Scommettiamo?

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