Nicky Hayden, il campione incompreso

Nicky Hayden, il campione incompreso
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Valencia è stata l’ultima gara nel motomondiale dello statunitense, campione del mondo nel 2006 ma troppo spesso sottovalutato
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
10 novembre 2015

Chiunque abbia avuto il privilegio di avvicinare Nicky Hayden difficilmente lo ha descritto altrimenti che come un signore. Educato, corretto, sempre rispettoso del suo interlocutore, ma soprattutto umano – qualità rarissima in un mondo come quello della MotoGP, a volte addirittura una debolezza per un circus governato dal business, pronto a stroncare un pilota al minimo segno di perdita della competitività o del valore promozionale.

Nicholas Patrick Hayden nasce ad Owensboro, Kentucky, il 30 luglio 1981 in una famiglia legata a filo doppio alle moto. Il padre, Earl, possiede una concessionaria Honda e i due fratelli Tommy e Roger Lee iniziano come lui a correre praticamente in fasce. Nel dirt-track, naturalmente, dove Nicky vince tanto, tantissimo, battendo i mostri sacri e sfiorando il Grand Slam, ovvero la vittoria in tutte le gare più importanti della specialità. Gli manca una sola pista, lo Springfield Mile, per raggiungere Dick Mann, Kenny Roberts, Bubba Shobert e Doug Chandler.

E’ però sull’asfalto che ottiene i suoi successi più grandi. Nel 1998, ancora al liceo, è già in sella alle Honda RC45 ufficiali, l’anno successivo vince l’AMA Supersport, e nel 2001 – prima stagione completa – chiude terzo nella classe regina, vincendo il titolo la stagione successiva con la VTR/SP2 diventando il più giovane campione AMA Superbike di tutti i tempi.

Sulla scia di quel successo arriva in MotoGP nel 2003. E’ la stagione della Honda pigliatutto, lui è nel team ufficiale a fare esperienza a fianco di Valentino Rossi: sale due volte sul podio, chiude quinto per un pelo, perché se non si fosse steso a Valencia, nell’ultima gara della stagione, avrebbe potuto fare anche meglio.

L’anno successivo va peggio, ottavo nonostante altri due podi, e qualcuno inizia a dubitare di lui. Nicky si riscatta prontamente nel 2005, dove chiude il Mondiale terzo dietro a Rossi e Melandri conquistando una spettacolare vittoria negli USA, dove la MotoGP torna a Laguna Seca dopo anni di assenza. Un’affermazione tanto netta, sia pur favorita dall’essere praticamente l’unico a conoscere già la pista, da farlo risalire nelle quotazioni di tutti gli esperti del settore.

Nel 2006 arriva la consacrazione. Grazie ad una micidiale costanza di risultati e due vittorie (una ottenuta naturalmente a Laguna Seca, l’altra un po’ rocambolescamente ad Assen, giocandosela fino all’ultima curva con Colin Edwards e finendo entrambi fuori pista) conquista il titolo iridato nonostante lo sciagurato incidente con Dani Pedrosa alla penultima gara, all’Estoril.

Nicky Hayden a Laguna Seca
Nicky Hayden a Laguna Seca

Lì esce il lato umano di Hayden, che piange in conferenza stampa sull’occasione sprecata – da primo su Rossi, Nicky scivola al secondo posto e si deve giocare tutto a Valencia. E qui, invece, esce il carattere di un pilota veloce e determinato: quella gara è entrata nella leggenda per il sensazionale weekend vissuto da Troy Bayliss sulla Ducati, ma il pilota del Kentucky è stato protagonista di una gara incredibile, su cui resta il dubbio sul fatto che avrebbe potuto guastare almeno parzialmente la festa Ducati essendosi fermato solo quando, dai box, gli hanno segnalato la scivolata del rivale. Alla fine dell’anno Nicky Hayden diventa Campione del Mondo 2006.

Nei due anni successivi Nicky Hayden patisce la scarsa competitività della RC212V: il passaggio alla 800 segna il periodo più incolore per la Honda MotoGP, che solo nel 2010 torna a fare paura e nel frattempo ha puntato quasi esclusivamente su Dani Pedrosa, la cui moto è la prima a ricevere gli aggiornamenti anche per quanto riguarda gli pneumatici. Nel clamoroso cambio di marca di fine 2008, quando Pedrosa passa a Bridgestone, Hayden viene lasciato con Michelin, dando bene la misura di quali fossero i rapporti di forza all’interno del team.

Hayden sulla Ducati Desmosedici
Hayden sulla Ducati Desmosedici

Nessuno si stupisce quindi quando Hayden nel 2009 passa in Ducati a fianco di Casey Stoner. Pur con una moto in fase di competitività calante, Stoner continua a vincere, mentre Hayden vive la sua peggior stagione di sempre fra infortuni e cadute spesso incolpevoli, salendo sul podio solo ad Indianapolis.

La sua avventura in Ducati lo vede punto fermo a fianco di Stoner, Rossi ed infine Dovizioso ma senza vedere acuti. A qualche podio (ci è salito in tutte le stagioni fino al 2012) fanno da contraltare molte gare incolori e tanti infortuni. A fine 2013, con l’arrivo di Crutchlow, Hayden torna ad Honda nel team di Aspar Martinez con la RCV1000R Open e poi, quest’anno, con la RC213V-RS. In entrambi i casi moto che non gli hanno permesso di esprimersi al livello che ci si aspettava da lui.

In occasione dell’ultima gara, a Valencia, Nicky Hayden è diventato il ventiduesimo pilota ad entrare nelle MotoGP Legends. Un tributo più che meritato, considerando le sue statistiche che dimostrano quanto Kentucky Kid abbia lavorato duro nel corso della sua carriera. Tre vittorie, un titolo mondiale, 216 partenze, 28 podi, 5 pole position e 7 giri veloci.

Hayden sulla Honda RC213V-RS del team Aspar nel GP di San Marino
Hayden sulla Honda RC213V-RS del team Aspar nel GP di San Marino

E’ fin troppo facile riconoscere di averlo trascurato nelle sue ultime stagioni in sella alla Honda Open, moto dalla competitività risibile, su cui però Nicky si è dannato l’anima come al solito, nonostante l’infortunio al braccio che lo ha penalizzato, per tirarne fuori il meglio. Pilota vero, Hayden ha preferito la possibilità di puntare ad un altro titolo iridato in Superbike piuttosto che riempire la griglia della MotoGP.

In prospettiva, perché se è vero che quest’anno dovrà correre su una CBR1000RR ormai obsoleta, è altrettanto vero che ad EICMA attendiamo qualche concept che, ci scommettiamo, prefigurerà la nuova arma Honda per la Superbike. E Nicky, non a caso, ha firmato un contratto di due anni. Ci sentiamo facili profeti nell’immaginare che il primo sarà di acclimatamento e sviluppo della moto nuova per poi puntare al colpaccio la prossima stagione.

Ciao Nicky, siamo sicuri che al paddock della MotoGP mancherai. A noi sicuramente no, perché ti seguiremo “dall’altra parte”.

Foto: Honda Pro Images, Ducati Corse Press, Team Aspar