Nico Cereghini: “Marc Márquez, un leone in gabbia”

Nico Cereghini: “Marc Márquez, un leone in gabbia”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Il video postato dal campione mentre incita il fratello e trepida per lui, protagonista del GP di Aragón, dovrebbe trasmettere gioia e soddisfazione, ma invece sottolinea quanto tempo è passato: Alex ha fatto tanta strada, Marc purtroppo è sempre fermo
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
20 ottobre 2020

Ciao a tutti! Mi ha fatto molto piacere veder vincere finalmente anche la Suzuki, domenica ad Aragón. Bella gara, combattuta, intensa e ricca di spunti, con il solo rammarico di non vedere tra i protagonisti né Valentino né, per altri versi, Morbidelli e le Ducati. E il secondo posto di Alex Márquez è stato la ciliegina sulla torta. 

I due fratelli Márquez rappresentano un capitolo così pieno di significati e di sfaccettature da costringermi a parlarne, felice di aver immaginato in anticipo che Alex potesse salire sul podio anche sull’asciutto dopo l’impresa bagnata di Le Mans. Lo avevo detto nel nostro PreGP del giovedì: "per me Alex salirà sul podio anche ad Aragón, perché sta crescendo velocemente e la Honda sta diventando una moto meno ostica". L’averci preso non mi fa dimenticare le perplessità che avevo espresso a inizio stagione: lo ammetto, sbagliavo nel pensare che Alex fosse un buon pilota e niente di più, nonostante i due titoli mondiali, e sono felice che mi abbia smentito.

Adesso conta poco se Honda abbia subìto il potere del clan Márquez o se ci fosse un disegno concertato tutti insieme tra HRC, Puig, Alzamora, clan Márquez e Cecchinello per un anno di transizione: ciò che conta è che domani Alex passerà dal team HRC a quello LCR perché così sembra deciso, anche se ora colpisce. Le cose, come suggerisce Cadalora, potrebbero anche cambiare, nel frattempo Alex deve confermare la sua competitività nelle prossime gare, perché anche Binder e Oliveira due mesi fa parevano diventati improvvisamente dei fenomeni e invece sono tornati nelle retrovie.

Ma restando all’attualità, oggi vorrei approfondire l’aspetto emotivo di questa esperienza dei due fratelli Márquez, perché è molto particolare. Lo è più che mai in questa fase del campionato. Il maggiore, il campionissimo costretto all’inattività, improvvisamente deve confrontarsi con un fratellino irriconoscibile, in sella alla MotoGP. Marc è stato intelligente e spiritoso quando domenica sera ha lanciato un tweet dicendo: “Salve, sono il fratello di Alex”.  E lo abbiamo visto in un video che ha postato su Instagram: il campione davanti al televisore, sul divano del salotto con qualche amico intorno, che freme ed urla e incita Alex nella fase finale della gara, quando ormai l’hondista ha preso Rins e prova a passarlo per vincere.
Due rischi di troppo, Alex si accontenta del secondo posto, Marc alza il pugno sinistro e subito dopo si asciuga una lacrima.

Quello è un video bellissimo, che nelle intenzioni dovrebbe esprimere la gioia e l’orgoglio di un fratello maggiore. Ma si immagina dell’altro. Ciò che si vede bene è che Marc muove di fatto soltanto il braccio sinistro e protegge accuratamente il destro tenendolo a riposo: non c’è il tutore, la muscolatura sembra tornata quella di prima, ma è evidente la vulnerabilità di quel braccio rotto, operato, rotto di nuovo e rioperato. L’urlo finale, fortissimo e prolungato di Marc colpisce: il grido di un leone in gabbia, un leone ferito che ancora non può tornare libero.  

Domenica in fondo non è cambiato niente: Alex in pista e Marc a casa, a Cervera, Catalogna, impegnato nel lungo recupero. Ma in realtà sembra cambiato tutto: Alex era un rookie in difficoltà, già dirottato in un team satellite per far posto a “uno vero”, ed ora è al secondo podio consecutivo e forse è pronto addirittura per vincere un GP. Adesso ti rendi conto improvvisamente che nel mezzo ci sono stati mesi, viaggi, piste diverse e tante gare. E tuttavia Marc è sempre lì, con il suo dramma e il dolore e le incertezze sui tempi del rientro.

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