Nico Cereghini: “Quella caduta di Valentino ad Assen”

Nico Cereghini: “Quella caduta di Valentino ad Assen”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
E’ l’immagine del GP d’Olanda che più mi dà fastidio, il pilota inginocchiato nella polvere nell’area di fuga della curva 7, e mi domando perché, che cosa possa significare. Non tanto per lui, quanto per me, per noi
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
28 giugno 2021

Ciao a tutti! Delle tante immagini che mi restano della domenica di Assen, ce n’è una che non vuole svanire anche se farei di tutto perché accadesse. E’ quella di un Valentino inginocchiato nella ghiaia dopo la caduta alla curva 7, la tuta impolverata e gonfiata dall’airbag, il capo chino e le braccia penzoloni.

Valentino era diciassettesimo dopo essere partito (male) dalla quarta fila, dodicesima casella. Quando è volato via era l’ottavo giro della gara che doveva dargli finalmente qualche indicazione e un po’ di coraggio in più, dopo essere riuscito ad accedere direttamente alla Q2 sulla pista che gli è amica. Quella della sua ultima vittoria nell’ormai lontano 2017, quattro anni fa.

E’ una mia immaginazione o Rossi ha indugiato un po’ più del necessario prima di rialzarsi? Di certo quella caduta deve fargli particolarmente male. Perché si era immaginato un calendario personale, la serie dei primi GP per avere le conferme che cercava, e poi per un motivo o per l’altro le cose non giravano mai nel verso giusto, da Jerez la dead line si era spostata al Mugello, poi a Barcellona, al Sachsenring, infine qui ad Assen dove la MotoGP ha fatto il giro di boa prima della lunga pausa di luglio.

Credo che questa caduta potrebbe influire pesantemente sulla sua decisione. Cioè continuare ancora oppure interrompere alla fine dell’anno la sua straordinaria carriera. Per quello che io posso intuire resistono per lui diverse spinte a proseguire: come la voglia di correre accanto al fratello Luca, o la ventilata nuova Michelin anteriore 2022 che potrebbe concedergli molto più feeling e magari di chiudere in bellezza, o come la voglia di rimettersi alla prova su una Ducati, così diversa da quella del fallimento nel 2010 e 2011.

Già vedevo un Valentino meno allegro, meno pronto alla battuta, un po’ più chiuso in se stesso. Non ci leggevo chissà che, in questi segnali che forse leggevo soltanto io. Perché devono pesargli tanto, pensavo, la fatica di un allenamento sempre più duro e sempre meno divertente, i fine settimana di gare sempre più impegnativi e sempre meno gratificanti, anche il passaggio dal mestiere del pilota a quello dell’imprenditore quale ormai è diventato. Mica facile. A quarantadue anni non hai più tutta quella energia.

Ma adesso c’è stato questo GP d’Olanda, che era un po’ un’ultima spiaggia, che era cominciato tra l’“abbastanza bene” e il “piuttosto bene” come direbbe lui. Ma che è finito proprio male. E adesso c’è la lunga pausa che lui stesso aveva definito decisiva. 

Qualunque cosa Valentino decida di fare andrà bene, per quelli che lo amano e che riconoscono la sua enorme passione per le corse e per la moto. Dunque non mi permetto di dare consigli o fare raccomandazioni. Dico soltanto che l’immagine di ieri, quella del Dottore inginocchiato all’esterno della curva 7 con la tuta impolverata, mi renderebbe un po’ più facile l’idea di fare a meno di vederlo in gara dopo venticinque anni.