Aerodinamica: tecnica o marketing?

Aerodinamica: tecnica o marketing?
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
La nuova frontiera della tecnica, anche sulle moto di serie, sembra essere l'aerodinamica. I regolamenti sportivi si adeguano, la produzione anche. Marketing o reale avanzamento?
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
18 dicembre 2019

Da stranezza detestata dai più e riservata alle corse a stilema ormai accettato, in procinto di trascendere la categoria delle supersportive ed allargarsi a macchia d'olio verso tante altre proposte ben meno prestazonali che, almeno stando al buon senso, non dovrebbero certo averne bisogno.

Stiamo parlando delle appendici aerodinamiche, delle famigerate "alette" che, nate fra i prototipi ormai un decennio fa, sono prima sparite, poi ricomparse e infine si sono evolute in mille forme (anche e soprattutto per aggirare i vincoli regolamentari) per approdare sulle supesportive di serie, dove addirittura sono diventate oggetto di dispute per il primato e punzecchiature su efficacia e resa estetica. Ed è solo l'inizio...

Facciamo un passo indietro. I primi esempi di aerodinamica moderna si sono visti sulla Ducati GP10 di Hayden e Stoner: a Bologna sono tradizionalmente molto attenti alle aree di sviluppo inesplorate, quelle che possono garantire un vantaggio (ancora) non sfruttato dalla concorrenza. L'esperienza era però ancora un po' tutta da costruire, e quella prima implementazione aveva pesanti ripercussioni sulla maneggevolezza del mezzo, che diventava ancora più muscolare in inserimento e sottosterzante in uscita.

Ma in Ducati non hanno mai smesso di lavorare sulle winglets, riapparse sulla GP15 di Iannone e Dovizioso. La polemica regolamentare che ne conseguì fece evolvere (o forse sarebbe meglio dire involvere, perché le soluzioni attualmente permesse sono molto meno efficaci di quelle dell'epoca) il regolamento, fino ad arrivare alle superfici scatolate di oggi.

Abbiamo dovuto attendere il 2018 per vedere le alette sulle moto di serie. Aprilia, sia pure con una serie limitata della RSV4 Factory, ha battuto sul tempo Ducati con la sua Panigale V4R. Ducati che si è rifatta potendo utilizzare una soluzione più efficace: se a Noale hanno applicato pari pari la soluzione utilizzata sulla RS-GP, che del resto si era già vista sulla Factory Works (che però non era omologata), a Borgo Panigale hanno pensato bene, in assenza di vincoli regolamentari, di montare sulla loro homologation special il più efficiente profilo aperto utilizzato appunto nel 2015 sulla MotoGP, prima che il regolamento li vietasse.

E dal momento che - giustamente - il regolamento Superbike si deve adattare allo stato dell'arte della produzione di serie, la soluzione è uscita dalla porta (della MotoGP) per rientrare dalla finestra (della SBK) dando così modo di effettuare studi liberi da vincoli a tutte le case interessate.

Da lì in avanti i profili alari hanno iniziato a sfuggire un po' al controllo. Li abbiamo visti sul concept dell'Aprilia RS 660, mantenuti anche poi sulla versione di serie, modello che - nelle intenzioni della Casa di Noale, almeno - dovrebbe essere lontana da ambizioni corsaiole, e poi (ancora una volta con la soluzione "aperta" e quindi meno penalizzante) sulla Ducati Streetfighter V4.

Modello che pur con una potenza da prototipo di qualche stagione fa, rimane pur sempre una naked e non dovrebbe raggiungere troppo spesso velocità a cui i profili utilizzati inizino realmente a generare deportanza. Per non parlare della Ohvale GP-0, che pur velocissima, rientra a pieno titolo nella consideraizone sopra espressa per la naked Ducati...

Le alette dell'Aprilia RS 660
Le alette dell'Aprilia RS 660

Infine, alla vigilia del disvelo della nuova Honda CBR 1000RR-R Fireblade, sono iniziati a spuntare brevetti relativi all'aerodinamica attiva, nella fattispecie ad alette a controllo elettronico - che però, a dispetto delle nostre aspettative, non hanno debuttato sulla supersportiva di Tokyo - e successivamente ad altre soluzioni relative a profili laterali e poi ancora ad alette retrattili, un profilo frontale mobile e addirittura zone della carenatura vibranti per ottenere tutti i vantaggi dell'aerodinamica eliminandone i compromessi in termini di Cx e maneggevolezza.

I disegni del brevetto depositato da Honda a inizio dicembre
I disegni del brevetto depositato da Honda a inizio dicembre

Il regolamento Superbike si è naturalmente adeguato con notevole prontezza, andando a porre dei paletti giusto per evitare che le necessità di aderenza alla produzione di serie trasformassero la formula in una palestra di sperimentazione dove vale tutto. Modificato inizialmente per accettare le superfici aerodinamiche a gestione elettronica, purché presenti sul modello di serie, è stato successivamente emendato con la precisazione secondo cui tale gestione non può consentire un movimento più ampio o diverso da quello del modello di serie. Perché quando Honda si muove fa davvero paura.

Da qui si torna alla domanda iniziale: l'aerodinamica sulle moto di serie è una reale innovazione tecnica o una banale soluzione di marketing? Se volete il nostro parere, è entrambe le cose.

In questo momento, le soluzioni utilizzate sono efficaci solamente a velocità raggiungibili in pista, e quindi solo su determinate categorie e cubature di moto. Quindi, in sostanza, troviamo le appendici aerodinamiche sicuramente innovative quando si trovano su modelli come le supersportive top di cilindrata, e forse - ammesso che funzionino in assenza di una carenatura che diriga con precisione il flusso dell'aria - anche sulle Supernaked.

È vero che si tratta di moto nate per l'uso stradale, ma è altresì indiscutibile che modelli come la già citata Ducati Streetfighter, Aprilia Tuono V4 ma anche MV Agusta Brutale 1000RR, KTM SuperDuke 1290R e Kawasaki Z-H2 (che per inciso dispongono di appendici aerodinamiche più o meno evidenti) si possono sfruttare oltre un 50% del loro potenziale, o forse meno, solo in circuito e costituiscono ormai una reale alternativa più vivibile alle supersportive.

La vista frontale della MV Agusta Brutale 1000RR, con le appendici alari in bella vista
La vista frontale della MV Agusta Brutale 1000RR, con le appendici alari in bella vista

Diverso il discorso per mezzi meno prestanti, come la già citata RS 660. In questo caso è evidente l'intento del marketing, che utilizza le appendici aerodinamiche per scimmiottare le proposte più prestigiose. E se dobbiamo dare credito ad alcuni tecnici, scettici sulla reale efficacia della soluzione, le appendici aerodinamiche dovrebbero avere superfici ben più estese delle attuali per offrire benefici tangibili - anche se, dopo averle provate sulle supersportive, limiteremmo il discorso ai mezzi stradali.

Allo stesso tempo, inoltre, trattandosi di un campo ancora tutto da capire ed esplorare sulle moto, non è affatto da escludere che, analogamente a quanto successo con altre novità tecniche in passato, il maturare della tecnologia renda effettivamente utili le appendici aerodinamiche anche su proposte meno prestigiose e performanti.

Dopotutto anche su qualche crossover/adventure come la Kawasaki Versys 1000 il cupolino ha baffi studiati per generare deportanza: da lì ad applicare veri e propri profili alari - magari scatolati e a geometria variabile, per accontentare i puristi dell'estetica e non imporre compromessi - il passo è breve. Attendiamo con grande curiosità.

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