EnduroGP. La famiglia Blanchard dice Stop! La Storia e l’intervista

EnduroGP. La famiglia Blanchard dice Stop! La Storia e l’intervista
Piero Batini
  • di Piero Batini
Insieme alla buona notizia della partenza del Mondiale è arrivata la “disdetta” del Promoter. Dopo oltre 3 lustri, alla fine della stagione Alain Blanchard e il figlio Bastien fermano la macchina della rivoluzione e del rilancio dell’Enduro
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
23 settembre 2020

Vi voglio raccontare una piccola storia di sport e di bella umanità. Vent’anni fa, gli inizi del nuovo millennio, c’erano due discipline che incrociavano le loro parabole. Una curva saliva vertiginosamente, l’altra scendeva inesorabilmente. C’era un nuovo sport rampante, il Supermotard, che faceva faville sulle piste appositamente preparate e nell’immaginario collettivo degli appassionati, e c’era un’antica disciplina, storica, la Regolarità, che vivacchiava di un Enduro solido ma quasi nascosto, intimo, con poco appeal. Uno sport di pochi Giganti e per pochi appassionatissimi, insomma, certamente non allineato al chiassoso, spettacolare e anche un poco invadente modo di comunicare dei nuovi tempi. Il supermotard che si avviava verso le stelle, l’Enduro che rischiava le stalle e, comunque, viveva un frangente di stallo.

Uno dei protagonisti del successo del Supermotard, poi diventato Supermoto, era stato Alain Blanchard, Targe, 19 Ottobre 1956, un appassionato francese che da speaker e intrattenitore era diventato organizzatore, promotore, innovatore. Lui e un gruppetto di autentici scatenati dai cognomi terrificanti come Salvador, Chambon, Van den Bosch, Pidoux, Seel, Kinigadner, avevano montato gomme da strada sulle moto da cross o da regolarità e scatenato un inferno. Avevano trasformato uno sport marginale in una star di circuiti e arene gremite di pubblico in delirio. Era la consacrazione della “derapata”. Adrenalina e spettacolo purissimo. Il Supermotard iniziò a suscitare un grande interesse e… a far gola. Si parlava di eleggere il nuovo sport a torneo mondiale, di strutturare un nuovo Campionato del Mondo, e già si fantasticava di moto non più di recupero bensì di nuova tipologia nata dalla costola della monocilindrica da fuoristrada e lanciata verso un’evoluzione propria.

Ci si aspettava, io ne ero certo, che a dirigere e promuovere il nuovo corso delle Supermoto sarebbe stato Alain Blanchard. Sembrava logico, naturale. Invece non fu così. Sulle Supermoto misero le loro mani Giuseppe Luongo, che fu l’artefice del nuovo Campionato del Mondo, e Danilo Boccadolce, che ne raccolse l’eredità Mondiale dopo essere stato il protagonista dell’Italiano. Era l’alba di un futuro che si credeva radioso e sicuro. Il Supermotard, sbarcato dall’America negli anni settanta, era pronto a riconquistare il pianeta del motorismo a due ruote. Per un certo tempo fu proprio così.

Sparito da quel mondo, a sorpresa riscoprii Alain Blanchard dall’altra parte. Dalla parte dell’Enduro, che continuava a contare sulle proprie forze appassionate e a vivacchiare in un declino se non certo almeno possibile. “Privato” della conduzione del Mondiale Supermoto, ad Alain era stato assegnato il ruolo di Promoter del Mondiale di Enduro. Se non una punizione, ricordo che mi sembrò una presa in giro, una specie di contentino per tenerlo buono di fatto assegnandogli un compito che pareva impossibile o ormai di poca importanza: rilanciare l’Enduro.

Ora, l’esperienza di Blanchard con l’Enduro si basava sulla conoscenza dei Campioni poi passati alle Supermoto, o sulla motivazione che aveva spinto l’appassionato ai bordi dei sentieri.

Alain Blanchard accettò la sfida. Una sfida vera e propria. Difficilissima e complessa. Si rimboccò le maniche e studiò a fondo la faccenda. Nel 2004, la prima stagione di Campionato del Mondo di Enduro dell’era Blanchard portava chiarissimi i segni di una sostanziale, semplificata innovazione: Tre classi, E1, fino a 250cc, tabella portanumero nera, poi bianca; E2, fino a 450cc, tabella rossa; E3, fino a 650cc, tabella gialla. Molti criticarono la rivoluzione (da sempre l’Enduro è disciplina tradizionalista), ma il successo fu pressoché immediato.

Da lì la crescita è continuata, quasi senza sosta (bisogna infatti contare l’anno disgraziato, il 2017, della rivisitazione delle classi per far nascere il concetto di EnduroGP) a suon di primati e di successi. Arrivarono altre Case, nel 2005 fu introdotta la classe Junior, fino a 21 e poi 23 anni, nel 2009 la Youth, fino a 18 anni e non oltre 125cc, poi nel 2010 la Women, nel 2019 la Open, vecchie glorie e amatori. A lato, nel 2012, Blanchard lanciava in orbita il SuperEnduro, la specialità degli dei degli stadi, vedi Tadeuzs Blazusiak, ma questa è un’altra cosa

In oltre tre lustri l’Enduro-Blanchard ha consacrato Campioni leggendari, solo qualche nome, Salminen, Merriman, Cervantes, e poi Ahola, Meo, Knight, Aubert, Renet, Nambotin, per arrivare ai “mostri” di oggi, Freeman, Holcombe, Verona.

Con i fuoriclasse è cresciuto a dismisura il livello tecnico e agonistico dei piloti e dei Gran Premi sparsi per tutta Europa, Asia, Africa, America, al punto che un giorno l’Enduro è diventato una disciplina davvero selettiva, per pochi super campioni. In un certo senso poco compatibile con lo spirito dell’amatore cui interessa solo partecipare, esserci. Il calo di partecipazione era inevitabile, non si può pensare a una Formula 1 con 100 partenti. Il professionismo ha raggiunto livelli importanti, e il sacrificio aumentato comunque è stato ripagato in termini di soddisfazioni, denaro (mai molto) e carriera.

Qualche critica ancora, le campagne di secessione, la nascita di nuove Serie “alternative”, l’anno del CoViD-19. Tempi duri per tutto e per tutti. Oggi il sistema economico dell’Enduro, mandato al tappeto dal Coronavirus, non funziona. Le risorse di marketing e sponsor non bastano a coprire le spese. Di fatto molti sono spariti o ridotti ai minimi termini. Per fortuna l’EnduroGP c’è, il Mondiale è ripartito anche nell’anno impossibile, dalla Francia.

A Requista, contemporaneamente al lancio del Mondiale, è arrivata anche la brutta notizia. Alla fine dell’anno Alain Blanchard lascia. E lascia anche Bastien, il figlio che ha raccolto l’eredità e lo stile del padre Promoter di sostanza. Poche chiacchiere, mai a sproposito, le maniche sempre rimboccate. Per un mondo un po’ naif, se vogliamo, ma tecnicamente di grandissimo spessore cui offrire assoluta, informale concretezza e onestà.

L’anno prossimo il Promoter del Mondiale EnduroGP sarà la F.I.M., il tempo di scegliere quello nuovo per il 2022 su una base di concorso.

Da non credere, è invece bisogna crederci. E accettare.

Non è mai stata guerra, a parte certe scenografiche dei protagonisti dell’Enduro, sempre favorevoli ad esagerare un pochino, e non è guerra neanche in questo caso. La parola fine all’Avventura arriva con la serenità della fine di un ciclo naturale. Un po’ prima, forse, per darsi il tempo di godersi la vita in modo diverso. Potremmo osare il termine “pensione”. ABC Communication continua a promuovere il SuperEnduro fino al 2024.

Un po’ lunga, ma la Storia è ancora più lunga e, soprattutto, è stata molto bella. Com’è andata? La parola a Alain Blanchard.

Enduro.

Alain Blanchard. “Il Contratto con ABC era in scadenza quest’anno, e la FIM ha lanciato una gara per il rinnovo. ABC ha fatto la sua proposta, credo che ci fossero altre due o tre entità interessate. La nostra proposta è stata fatta a Gennaio. Ad Aprile dovevamo presentarla, e così è stato, solo che poi è arrivato il peggio. Tutto si è fermato e la decisione non è stata presa, è stata rimandata. Nel frattempo Bastien, mio figlio, che è ora CEO di ABC Communication ed è diventato il mio capo, ha cambiato idea e preferito un diverso orientamento professionale. Una mattina mi ha detto: “Papà, questa vita non la voglio fare come hai fatto tu, non voglio un piccolo guadagno a fronte di un forte impegno costante e costante incertezza. Ho ambizioni diverse. Ho visto la tua vita e io ne vorrei una un po’ diversa, un po’ più di famiglia, più tranquilla, non sempre in giro per Paesi e aerei, camion, strade. Così Bastien ha deciso di tirarsi indietro. Si tratta di una decisione 100% di ABC, di Bastien, non è la FIM che non vuole più rinnovarci il contratto. Anzi, fino a giugno Jorge Viegas, il Presidente, ha parlato più volte con Bastien per cercare una soluzione. Anche la FIM ha sollecitato ABC per la logistica della prossima stagione, e una nuova richiesta di… proposta è arrivata nelle ultime settimane. Bastien ha ringraziato, lusingato, ma ha detto no. ABC è alla fine con l’EnduroGP.”

Super Enduro

“Rimane in ballo il SuperEnduro. ABC ha un contratto in essere con la FIM e andremo avanti fino al 2024. Il problema è che, a oggi con il tema del Coronavirus ancora così d’attualità, organizzare un SuperEnduro è ancora più… problematico rispetto all’organizzazione di un GP di Enduro. Si corre al chiuso, nelle grandi arene come quella di Cracovia, ed è difficile immaginare 15.000 spettatori seduti uno accanto all’altro. Inoltre in Polonia, Germania, Ungheria, gli organizzatori hanno le mani legate fino a fine dicembre con un limite di 1.000 spettatori. Così economicamente e dai punti di vista sanitario e della sicurezza è un disastro. Avevamo Israele in calendario, ma come sapete il Paese sta drasticamente chiudendo le sue porte. Avevamo anche Nizza, molte novità e molto entusiasmo da parte di tutti, ma siamo bloccati e non possiamo pensare di poter organizzare un evento in un mese qualora le porte si riaprissero completamente. Adesso stiamo studiando uno “schema senza spettatori” basato su un sistema innovativo di riprese televisive in diretta, ma ancora il problema economico è lì a bussare. Ti possiamo dire comunque che lotteremo fino in fondo, come è nostra abitudine, per realizzare il bel SuperEnduro che si stava configurando durante le fasi di gestazione!”

Alain Blanchard

E poi c’è Alain Blanchard. Alain sarà sempre lì, come sempre fino alla fine della stagione. Ho sempre motivazione e voglia, e anche diversi progetti in testa… non solo di Moto. Sicuramente non mi mancheranno la burocrazia e gli interminabili meeting federali. Mi dispiace finire così, in condizioni e tempi certamente un po’ “particolari”, ma la vita è così. L’importante è che mio figlio trovi la sua strada giusta. Io ho fatto 25 anni, con il Supermotard all’inizio e poi 17 anni di Mondiale con l’Enduro. Probabilmente avrei continuato con il Supermotard, se il dio denaro non si fosse impadronito di quella specialità dimenticandosi dello spessore di quella straordinaria passione di gente che voleva continuare a essere semplice e appassionata. Soffocato lo spirito, alla fine è caduta anche la Supermoto.

“Insomma, è arrivata la sfida dell’Enduro. Mi sono lanciato con entusiasmo, anche se non ero così esperto. Ce l’ho messa tutta. Penso che siamo riusciti a fare tante cose, molte non sono così evidenti. Oltre alla rivoluzione delle classi e l’introduzione di nuove categorie e trofei, abbiamo portato il Live Timing nel 2005, dei Paddock tradizionali ma di qualità, la premiazione subito dopo gare, la TV a tutte le gare, gli autografi, la creazione del Super Test, la Open Cup che da due anni ha permesso a molti Piloti di risalire in Moto e in alto! Non voglio essere io a giudicare se sono state cose buone o no. Sto solo cercando di ricordarne il più possibile perché è il nostro patrimonio.”

“Io sto bene ed è arrivato il momento di continuare a godermi la vita, anche in un altro modo. Darò una mano a mio figlio nel SuperEnduro, ho tanti amici e voglio goderne la compagnia, magari in Grecia che è un Paese fantastico e dove posso vivere senza lo stress e la pressione dell’infinità di problemi che abbiamo dovuto risolvere con il Motorsport. Con quello di Francia sono 126 Gran Premi, una magnifica, grande esperienza. Bei ricordi. Dell’Enduro preferisco quelli di un individualismo assoluto e antico, quando con i Sala, Peterhansel, Grasso, Tiainen, Eriksson si andava per birre tutti insieme dopo gara. Del Supermotard ho ricordi straordinari, Piloti incredibili con la manetta sempre aperta e pronti a tutto per vincere… che a sera facevano festa tutti insieme. Eravamo una vera squadra, Piloti, promoter, organizzatore. Abbiamo portato il Supermotard in alto grazie alla generosità e al cuore dei Piloti di un’epoca eroica. Adesso stop, è tempo di godersi la vita, magari continuando a seguire lo Sport dopo aver ristabilito le distanze. Anche da spettatore perché c’è sempre stato un filo conduttore che ha legato la mia vita allo Sport e alle Moto: quella passione da cui tutto è cominciato!”

 

In bocca al lupo Amico, goditi la vita e vieni a trovarci, di tanto in tanto.

 

© Immagini Archivio ABC

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