Moto V-Twin molto particolari

Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Alcuni motori bicilindrici poco noti, ma molto significativi, sono arrivati in produzione a partire dagli Ottanta. Vi dicono niente Hesketh, Voxan, Aprilia e Buell? (Seconda Parte)
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
13 agosto 2020

Dopo gli anni Ottanta un numero sempre crescente di costruttori ha iniziato a dedicare attenzioni via via maggiori alla architettura a V longitudinale, per i motori a due cilindri.

Il raffreddamento ad acqua, ormai adottato largamente, agevolava sicuramente le cose. L’afflusso di aria al cilindro e alla testa posteriori infatti non era ostacolato dal gruppo termico anteriore solo se si impiegava uno schema a L, che l’ing. Taglioni aveva scelto proprio per questa ragione per i bicilindrici Ducati fin dai primi anni Settanta.
Con il raffreddamento ad acqua il problema ovviamente non esisteva più.

Pure lo Hesketh V1000, che era refrigerato ad aria, aveva una architettura ad L, adottata per la medesima ragione (oltre che per la buona equilibratura che si otteneva con i cilindri a 90°). Questo bicilindrico inglese, che nella storia della moto è stato una autentica cometa, aveva una distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro, soluzioni d’avanguardia nel 1980, anno nel quale sono stati costruiti i primi esemplari di questo sfortunato modello.

Realizzato con l’intento di rinverdire i fasti della grande scuola britannica del passato, l’Hesketh è stato subito afflitto da una affidabilità assai dubbia. Inoltre era grosso e pesante. Sembra che in totale ne siano stati costruiti circa 180.

La Hesketh V1000 del 1982
La Hesketh V1000 del 1982

Un bicilindrico poco noto ma che al suo apparire era sicuramente di particolare interesse è stato il PGO 1600, progettato sotto la supervisione del prof. Laimbock e della sua equipe presso il Politecnico di Graz per una azienda di Taiwan che produceva soprattutto scooter di piccola cilindrata.
Dal punto di vista tecnico si trattava di una proposta ardita. Il motore, presentato nel 1992, era raffreddato ad acqua. La cilindrata, inusitata per l’epoca, era di ben 1596 cm3 e veniva ottenuta abbinando un alesaggio di 110 mm (record per il settore moto, fino alla comparsa del bicilindrico Ducati Panigale “Superquadro” 1200) con una corsa di 84 mm. La V tra i cilindri era di 53° e la distribuzione era monoalbero a quattro valvole. L’albero a gomiti, che lavorava interamente su bronzine, aveva due perni di manovella sfalsati di 74° e separati da uno stretto volantino centrale.

Il motore era stato studiato per offrire un tiro impressionante per un ampio arco di regimi e non una potenza massima particolarmente elevata. Erogava 86 CV a soli 5700 giri/min e aveva una coppia straordinaria: ben 130 Nm a 3700 giri/min. Il progetto era sicuramente valido ma purtroppo la moto non è mai stata prodotta in serie.

Il PGO 1600 è stato progettato e realizzato in Austria all’inizio degli anni Novanta per una azienda di Taiwan. Aveva la distribuzione monoalbero, doppia accensione e una coppia impressionante. Non è uscito dallo stadio di prototipo
Il PGO 1600 è stato progettato e realizzato in Austria all’inizio degli anni Novanta per una azienda di Taiwan. Aveva la distribuzione monoalbero, doppia accensione e una coppia impressionante. Non è uscito dallo stadio di prototipo

Un altro bicilindrico molto interessante che non è uscito dallo stadio di prototipo è stato realizzato a Noale nella prima metà degli anni Novanta.

All’epoca l’Aprilia era in una fase di forte crescita e stava accarezzando l’idea di produrre una moto di grossa cilindrata azionata da un bicilindrico di concezione estremamente moderna di propria fabbricazione. È stato così progettato e costruito un motore a V di 60° con distribuzione bialbero a cinque valvole per cilindro, mosse da bilancieri a dito. L’albero a gomiti monolitico aveva due perni di manovella sfalsati di 60°; l’equilibratura era ulteriormente migliorata da un albero ausiliario dotato di due piccole masse eccentriche.

La cilindrata di 888 cm3 era ottenuta con un alesaggio di 92 mm e una corsa di 64 mm. Studiato principalmente per equipaggiare una grossa enduro stradale (ma erano previste anche altre versioni), questo bicilindrico erogava 102 CV a 10400 giri/min. Dopo attente valutazioni i costi necessari per poter passare a una produzione di serie sono stati ritenuti troppo elevati e la casa veneta ha deciso di non procedere oltre. Del resto già si iniziava a parlare di un bicilindrico 1000 che la Rotax, partner storico dell’Aprilia, avrebbe messo sul mercato nel giro di qualche anno.

 

Il bicilindrico Voxan, apparso nel 1999, era a V di 72° e aveva una cilindrata di 996 cm3. La distribuzione era bialbero a quattro valvole. La potenza massima, inizialmente di 85 CV a 7500 giri/min, è in seguito cresciuta a 100 CV a 9000
Il bicilindrico Voxan, apparso nel 1999, era a V di 72° e aveva una cilindrata di 996 cm3. La distribuzione era bialbero a quattro valvole. La potenza massima, inizialmente di 85 CV a 7500 giri/min, è in seguito cresciuta a 100 CV a 9000

Quella della Voxan è stata una avventura coraggiosa ma breve e sfortunata. E una dimostrazione ulteriore del fatto che la passione (e la tecnica) nulla possono quando si scontrano con i fattori economici, ovvero con i costi di industrializzazione, di sviluppo, di produzione e di gestione, specialmente se ad essi si aggiungono eventuali difficoltà di mercato.

La casa francese ha iniziato la produzione motociclistica nel 1999 con il primo di una serie di modelli azionati da un bicilindrico a V di 72° con distribuzione bialbero a quattro valvole sviluppato dalla Sodemo, una azienda assai nota nel settore delle auto da competizione.
Con una cilindrata di 996 cm3, ottenuta mediante un alesaggio di 98 mm e una corsa di 66 mm, questo motore inizialmente aveva una potenza di 85 CV a 7500 giri/min, portati poi a 100 a 9000 nella versione più spinta. Le moto andavano bene ma non sono riuscite ad imporsi in un settore nel quale la concorrenza era particolarmente agguerrita. La storia di questo bel bicilindrico francese è terminata nel 2009.

Nell’estate del 2007 è stato presentato un motore che avrebbe meritato una sorte migliore di quella che purtroppo ha avuto. Progettato e costruito dalla Rotax per la Buell e denominato Helicon, rappresentava al meglio lo stato dell’arte nel campo dei bicilindrici di alte prestazioni.

In ogni testa vi erano quattro valvole inclinate tra loro di 18° che venivano azionate dai due alberi a camme tramite bilancieri a dito. I due cilindri, che avevano una struttura open deck, erano disposti a V di 72°. La cilindrata di 1125 cm3 era ottenuta abbinando un alesaggio di 103 mm a una corsa di 67,5 mm. La potenza massima era di 146 CV e veniva ottenuta a un regime di 9800 giri/min. L’impiego di tre equilibratori dinamici di piccole dimensioni, del tipo a massa eccentrica, costituiva una autentica raffinatezza.

La chiusura della casa americana, avvenuta nell’ottobre del 2009 è stata un grave colpo ma non ha fatto uscire completamente di scena il motore Helicon.

Una versione da corsa di 1190 cm3, con alesaggio aumentato a 106 mm, è stata in seguito sviluppata per la Erik Buell Racing ed è arrivata a erogare 185 CV a 10600 giri/min.

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